Matteo Ricci: il gesuita nel regno del drago


Il 6 ottobre del 1552, nasceva a Macerata (a pochi chilometri da noi) Matteo Ricci.
Compiuti sedici anni, il giovane Matteo inizia a frequentare l'Università della sua città per poi recarsi a Roma, sotto suggerimento del padre. Contrariamente alla volontà di quest'ultimo, Matteo decide di entrare nella Compagnia di Gesù. Non ha neanche diciannove anni. Studia e si forma presso il Collegio Romano, dove entra in contatto con i più autorevoli studiosi del tempo. A venticinque anni scopre la sua vocazione missionaria e nel 1577 viene destinato in Oriente.
Nel 1582 Matteo Ricci arriva in Cina. Sbarca in Cina vestito da bonzo, con la testa rasata e in tre anni ha già imparato il cinese.
La ricca personalità di Matteo Ricci ha dato un apporto fondamentale al dialogo e alla reciproca comprensione tra Cina e Europa. Grazie alla sua preparazione scientifica egli introdusse in Cina la matematica e la geometria dell'Occidente; presentò le grandi acquisizioni del Rinascimento nel campo della geografia, della cartografia e dell'astronomia. Sull'altro versante, egli dette all'Europa, grazie ai suoi scritti, una conoscenza esatta, e per quanto possibile ampia e comprensiva dei contenuti e del pensiero della civiltà cinese per cui «può ben essere considerato il fondatore della moderna sinologia, cioè la scienza che studia la civiltà cinese in tutti i suoi aspetti».

A questi importanti contributi nel campo scientifico dobbiamo aggiungere quello nel campo specificamente religioso, come missionario dell'ancora giovane Compagnia di Gesù. Il suo metodo di evangelizzazione si può riassumere nella breve espressione «farsi cinese con i cinesi», cioè l' "inculturazione" linguistica, sociale, intellettuale e religiosa. Per raggiungere questo obiettivo si adeguò, anche nel modo di vivere esterno, alle usanze e tradizioni cinesi, cosa che non mancò di procurargli noie e critiche da altri missionari e talvolta anche dai confratelli.
Padre Matteo Ricci ebbe grande rispetto per il confucianesimo (fu più critico invece con il taoismo e con il buddhismo), la religione più diffusa in Cina (ma che considerava tuttavia più come una dottrina morale che come una religione vera e propria), nella quale trovava molte concordanze con il cristianesimo. E ai cinesi, soprattutto ai letterati e alle persone colte, piacque l'interpretazione cristiana di Confucio che portò il Ricci e i suoi confratelli missionari a una grande tolleranza verso numerose usanze locali e verso alcune cerimonie con cui si veneravano gli antenati.
Un segno di quanto Matteo Ricci fosse ben accetto in Cina è quanto avvenne in occasione della sua morte, avvenuta a Pechino l' 11 maggio 1610. In deroga alla tradizione di non consentire la sepoltura in Cina agli stranieri, l’imperatore concesse un terreno, ultimo tributo alla sua scienza e al suo amore per i cinesi.






L’anno 2010 sarà l’anno del 400esimo Anniversario della morte di Li Madou - questo il nome con cui è conosciuto in Cina - e per prepararsi a questo evento, in Vaticano è stata allestita la  mostra "Ai crinali della storia. Padre Matteo Ricci (1552-1610) fra Roma e Pechino", che potrà essere visitata fino al 24 gennaio.
La mostra presenta ritratti del sacerdote maceratese, tele del Cinquecento della scuola di Van Dyck, strumenti scientifici, carte geografiche dell’epoca, oggetti liturgici e tra gli oggetti più affascinanti, la matrice lignea in caratteri cinesi spedita da Ricci come bozza di una lettera che papa Sisto V avrebbe dovuto inviare all’imperatore cinese per avviare rapporti diplomatici.

E' stato realizzato un film - documentario per ricordare questo grande personaggio, che ha molto da insegnarci sull'integrazione, il rispetto della diversità, il dialogo. Pensate che gli unici due stranieri ad essere ricordati nel Millenium Center di Pechino sono padre Matteo Ricci e Marco Polo.

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