Mamma per "vocazione"

Alla vigilia dell'8 marzo è morta a 89 anni Norina Galavotti, dal 1944 “mamma per vocazione” di 74 figli a Nomadelfia, la comunità religiosa fondata da don Zeno Saltini (che oggi si trova in provincia di Grosseto) dove i residenti vivono come un’unica famiglia.
Dal 1944 con don Zeno. Norina era nata a S. Giustina Vigona, frazione di Mirandola in provincia di Modena, il 5 febbraio 1923, seconda di tredici figli. A 21 anni, nell’estate del 1944, seguendo l’esempio di altre giovani, aveva lasciato la famiglia per entrare nell’Opera Piccoli Apostoli fondata da don Zeno Saltini, per diventare “mamma per vocazione”. Poi aveva seguito don Zeno nell’ex campo di concentramento di Fossoli di Carpi (Modena), occupato e trasformato nella comunità di Nomadelfia, dove si formavano le prime famiglie di sposi disposti ad accogliere come figli i bambini e ragazzi abbandonati, accanto alle famiglie di “mamme per vocazione”. Col passare degli anni Norina veniva inviata in diverse località ad avviare e animare nuovi gruppi della comunità di Nomadelfia: dal 1963 al 1978 aveva abitato a Vezzano, una frazione di La Verna (Arezzo), poi era tornata a Nomadelfia, dove il 15 gennaio 1981 morì don Zeno.
Gioie e lacrime. In una testimonianza recente aveva detto: “Ho 88 anni, vi assicuro che è stata una vita meravigliosa. Dico sempre: ‘Signore, ti ringrazio, perché ho provato delle gioie che le nostre mamme che ci hanno messo al mondo non hanno mai provato. Ho versato tante lacrime: se la mia stanza avesse le sponde, ci vorrebbe la barca per entrare. Se tornassi indietro, non farei nulla di diverso da ciò che ho fatto’”. E con questa consapevolezza si è spenta nelle prime ore di mercoledì mattina nella sua comunità, che la ricorda con grande amore, dopo un periodo di malattia vissuta in totale abbandono alla volontà del Signore.
Consacrata ai bimbi senza famiglia. “Tutti noi ricordiamo ‘la Norina’ con grande affetto”, afferma al Sir Andrea Galli, carpigiano, cresciuto a Nomadelfia con la moglie e i tre figli fino alla fine degli anni novanta e poi trasferitosi a Carpi. “Nel 1992-1994 – racconta – facevamo parte del suo gruppo e si prendeva cura dei nostri tre figli insieme agli altri, perché a Nomadelfia essere madri di vocazione significa rispettare la verginità sviluppando il senso di maternità, rinunciare a una famiglia di sangue per consacrare la propria vita a bimbi senza famiglia”. “Norina era una persona mite – continua Galli –, non l’ho mai vista arrabbiata, ed era una donna che, nonostante l’età avanzata, faceva veramente tutto quello di cui c’era bisogno: la ricordo ancora girare con il suo ‘carriolino’ per trasportare i panni lavati in casa. Aveva quella caratteristica che hanno tutte le ‘mamme per vocazione’ di Nomadelfia, cioè una forza interiore incredibile e inaspettata, che non le permetteva di fermarsi e di abbattersi, ma la spingeva ad andare sempre incontro agli altri in uno spirito di servizio, una forza che non veniva solo da lei. Gli ospiti che venivano in visita a Nomadelfia si chiedevano come avesse fatto a crescere 74 figli”.
FONTE: www.agensir.it

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