Infanzia negata

Da Avvenire del 12 giugno 2013
Sono al­meno 15,5 milioni i minori in condizioni di servitù: la gran parte è concentrata nel Sud del mondo. Dall’Asia all’America Latina, i baby domestici sono una costante. E si tratta, per altro, di un calcolo al ribasso. La maggior par­te ha meno di 14 anni. I due terzi, inoltre, so­no bimbe. Tutti svolgono mansioni da adulti: andare a prendere l’acqua, pulire, badare ad altri piccoli o ad anziani. E tutti sono sfrutta­ti: il salario – sempre che arrivi – è di molto in­feriore a quello minimo, le ferie e i riposi so­no a discrezione del datore di lavoro. Il cui po­tere è infinitamente maggiore di quello del piccolo impiegato. Se per un maggiorenne po­vero è difficile far valere i propri diritti, per un bambino o, al massimo, adolescente è prati­camente impossibile. Oltretutto, spesso, nem­meno conoscono le proprie prerogative: gran parte di loro non sa nemmeno leggere e, dif­ficilmente, il lavoro domestico è compatibile con gli studi. In questo marasma confuso di abusi invisibili, si nascondono i casi di vera e propria schiavitù. Sono almeno 10 milioni i baby schiavi alle dipendenze di famiglie più o meno benestanti. Che considerano la pratica «normale» data l’esistenza, spesso, di “giusti­ficazioni” sociali e culturali.

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