Pluralismo e relativismo

Il pluralismo, espressione dell’incontro tra culture diverse, è un dato da accogliere e da valorizzare, dal momento che aspira alla convivenza il più possibile armoniosa di istanze e aspirazioni diverse e che non teme di proporsi e di legittimarsi sul terreno della politica, e che richiede certamente l’arte difficile dello scontro dialogico. Lo scontro fra opinioni diverse è l’anima della democrazia, quando non degeneri in conflitto sociale e serva alla causa comune: quella di riproporre nella sfera pubblica la molteplicità dei punti di vista, in ordine alla loro possibile convivenza. Il dialogo, in questo caso, perde il suo carattere retorico e utopista, per rivestire i panni di una pratica difficile e necessaria, rispettosa di tutte le differenti identità culturali e religiose.
Il relativismo, al contrario, punta a un obiettivo più ambizioso: affermando che i valori sono validi all’interno del proprio orizzonte di riferimento, non cerca il confronto o il riconoscimento, quanto piuttosto la battaglia per pretendere legittimità normativa e politica alle proprie istanze. Al relativista non interessa misurarsi con un criterio oggettivo e di natura; l’essenziale per lui è la difesa della propria soggettiva identità e visione. [...] Più lontano dalle autentiche basi comunitarie della democrazia, il relativismo finisce in tal modo per mortificare un sano pluralismo, rifiutando il dialogo, perché questo significherebbe accogliere le altrui verità, sottoponendo le proprie convinzioni a un equilibrato argomentare razionale.


(Tratto da Così il relativismo nega il vero pluralismo, di Paola Ricci Sindoni,  Presidente di Scienza&Vita  in Avvenire del 25 luglio 2013)

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