L'odio non ha l'ultima parola



L’odio non sente ragione, per questo non avrà mai ragione. Potrà minacciare, spaventare, uccidere. L’ultima parola, però, non sarà mai la sua. L’ultima parola è il “ti voglio bene” che una delle vittime della strage di Orlando, negli Stati Uniti, ha inviato alla madre poco prima di cadere sotto i colpi di Omar Mateen, un cittadino americano di origine afghana che nella notte tra sabato e domenica ha aperto il fuoco in una discoteca affollatissima. Ha fatto in tempo a uccidere quarantanove persone prima di essere a sua volta colpito dalle forze speciali intervenute sul luogo dell’assalto. Adesso gli investigatori stanno cerando di capire se il suo gesto avesse motivazioni di tipo terroristico, ma è chiaro fin d’ora che ad armare Mateen è stata una forma estrema di disprezzo verso i giovani che frequentavano il locale. Dal suo passato emergono altri episodi di violenza, in particolare ai danni della moglie. Era una persona piena di rabbia e forse anche di sofferenza ma, anziché cercare l’aiuto di qualcuno, si è illuso di farsi giustizia da solo, sterminando quelli che aveva scelto come nemici. Lo abbiamo già scritto tante volte, in occasione di fatti simili che purtroppo si sono verificati negli ultimi tempi: aggressioni tanto feroci mettono paura, e non c’è da vergognarsi se si prova timore. Più importante, però, è conservare la nostra umanità davanti alla disumanità degli assassini. Come ha fatto Eddie Jamoldroy Justice, un trentenne che, intrappolato nella discoteca di Orlando, si è tenuto in contatto con la madre attraverso il telefonino, continuando a dichiararle il suo affetto. Non sembra, ma tra la vittima e il carnefice è sempre la vittima a vincere.
Da Popotus del 14 giugno 2016

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